LABORATORIO DI COSTRUZIONE IN SALENTO
È in programma il nuovo laboratorio di costruzione con canna "Arundo Donax" che questa volta ci vedrà impegnati nel Salento, in località Matino (LE).
Durante il laboratorio, che inizierà il 19 agosto e terminerà il 26 agosto 2012, si andranno a ripercorrere tutte le fasi relative le tecniche costruttive con il sistema a fasci di canne legati con corde per la realizzazione di arcate intrecciate che andranno a costituire un'opera di LANd-ARt.
Il contributo per la partecipazione è di 230€ che comprende il vitto, l'alloggio in tenda e il materiale didattico.
Si alterneranno lezioni frontali nelle quali si mostreranno le caratteristiche costitutive della canna "Arundo Donax" e le potenzialità della stessa per il utilizzo in architettura.
Si apprenderanno i sistemi di nodi e legature che consentiranno al corsista di applicarli negli svariati casi che si andranno ad affrontare.
Si apprenderà il taglio, la pulizia, la classificazione, l'assemblaggio e il montaggio finale delle arcate.
Il laboratorio è a cura dell'associazione di promozione sociale LAN_laboratorio architetture naturali.
Le lezioni saranno tenute dall'architetto Francesco Poli e coordinate dal Team di LAN.
Il corso si attuerà al raggiungimento della quota di 8 partecipanti e per un massimo di 15.
Le iscrizioni devono effettuarsi entro domenica 12 agosto 2012.
Per iscrizioni e informazioni:
Francesco Poli
architettopoli@gmail.com
+39 3290112242
Roberta Biscozzo
robertabiscozzo@yahoo.it
+39 3295340550
Workshop al Politecnico di Bari
Il risultato del Laboratorio tenutosi al Politecnico di Bari
Iniziativa a cura di Studenti Democratici con il contributo del Politecnico.
Maggio 2012
Gruppo di Lavoro:
Francesco Poli_Rosa Camarda_Roberto Ferrante_Gisella Birardi_Rossella
Sardano_Pamela Lanera_Antonella Pasquale_Irene Sasso_Marina
Leuzzi_Roberta Biscozzo_Nicola Sinisi_Daniele Guzzo_Francesco del
Vecchio_Michele Todisco_Jacopo Borracci
Bari - Al Politecnico un workshop sulla costruzione con materiali naturali come la canna 'Arundo Donax'
testo di Deborah Brivitello
E' terminato l'11 maggio il workshop di costruzione con materiali naturali - in questo caso la canna "Arundo Donax" – che si è svolto al Politecnico di Bari.
Il laboratorio durato circa una decina di giorni, era gratuito e aperto a tutti gli studenti del Politecnico. E' nato da un'iniziativa dell'associazione Studenti Democratici ed è stato organizzato da "Lan_Laboratorio Architetture Naturali".
Le lezioni sono state tenute dal Dott. Francesco Poli, architetto impegnato nella sperimentazione di architetture con materiali naturali. La struttura realizzata, si trova nei pressi dell'ingresso di Via Re David del campus universitario ed è stata progettata dall'arch. Poli.
La leggerezza e la natura si concretizzano in questa struttura suggestiva, di forte impatto, che fonde la semplicità del materiale alla creatività della forma. La realizzazione ha avuto varie fasi, dalla pulizia di ogni singola canna, all'intreccio, fino all'innalzamento con le complesse soluzioni finali! Un'interessante esperienza sia per l'insegnante che per i partecipanti,..... "la canna ha molteplici possibilità di utilizzo, dal design all’architettura, passando per l’arte" come ci ha raccontato l'architetto Poli in un'intervista......
D: "Dott. Poli, com'è nata l'idea di un workshop sulla costruzione con la canna?"
R: "E' un modo per diffondere tecniche costruttive con un materiale che normalmente siamo abituati a vedere in altri contesti e che spesso tendiamo a ignorare. Inoltre è ciò che sto facendo nell’ultimo periodo attraverso i laboratori tenuti con l’associazione. La canna ha molteplici possibilità di utilizzo..... Le forme che si riescono ad ottenere, attraverso il metodo appreso dal Gruppo Canyaviva, sono tra le più strabilianti. Inoltre la canna è un materiale economico, paragonabile al bambù, che nella nostra terra è presente in grandi quantità, quindi un materiale a km zero. Nel suo ciclo di vita assorbe una notevole quantità di anidride carbonica, la sua coltivazione sarebbe anche auspicabile. E poi vi è la parte relativa i suoi molteplici utilizzi e la possibilità di sfruttare la sua flessibilità per ottenere forme che normalmente risulterebbero esageratamente onerose se fossero realizzate con altri materiali. E' anche un materiale pulito e di facile lavorazione."
D: "Quali sono le motivazioni che hanno spinto i ragazzi a frequentarlo?"
R: "Era rivolto a tutti gli studenti del Politecnico e dai partecipanti si è evidenziata la voglia di apprendere cose innovative e di veder realizzata un’opera con le proprie mani."
D: "Ci parla della struttura che avete costruito?"
R: "L’opera realizzata appartiene ad un percorso di ricerca e sperimentazione che sto svolgendo negli ultimi tempi attraverso l’utilizzo dell’Arundo Donax con il sistema a fasci. La forma è il risultato dello uno studio di una geometria che andasse oltre le strutture sino ad ora realizzate. Di sicuro si troveranno esemplari simili in qualche parte del mondo, di mio ne ho visti alcuni che utilizzano il bambù. L’installazione rimarrà al Politecnico per un periodo non definito, almeno un anno sarà in esposizione."
D: "Dove avete reperito i materiali? Come è stato organizzato - in modo concreto - il workshop?"
R: "Le canne sono state tagliate in un terreno di proprietà privata in località Cozze – Mola di Bari grazie alla gentile concessione del proprietario. Il resto del materiale è costituito da cordame di canapa e sisal che è stato acquistato da rivenditori specializzati. Di reperire questi materiali me ne sono occupato io e ho aperto la partecipazione al taglio delle canne agli stessi studenti che in tal maniera hanno appreso le nozioni fondamentali relative la gestione di un canneto e le proprietà fisiche delle stesse canne. Successivamente, dopo aver trasportato le canne al Politecnico, si è passati alle fasi di pulizia, classificazione e assemblaggio. Infine abbiamo innalzato le arcate e, dopo averle fissate l’una con l’altra, la struttura è stata rivestita da canne intrecciate. La struttura terminata è stata inaugurata l'11 maggio con un pic nic nell’area giardino che ha assunto una nuova veste. Infatti con questa operazione, insieme alla precedente realizzata con i ragazzi di Ingegneria Senza Frontiere che tra l’altro stanno redigendo un progetto di riqualificazione per quest’area, si spera di ridar vita ad uno spazio che ormai da anni è caduto in disuso:"
D: "Chi ha finanziato questo progetto? Ci sarà un seguito?"
R: "Il progetto è a cura dell’associazione studentesca Studenti Democratici con il contributo del Politecnico di Bari. Un seguito ci sarà già dalla prossima settimana, con i ragazzi che vi hanno partecipato realizzeremo una struttura temporanea in Bambù che verrà successivamente esposta al Fortino in occasione della “Primavera Mediterranea", nei giorni 17-18-19 maggio a Bari!"
http://www.puglialive.net/home/news_det.php?nid=55666#
E' terminato l'11 maggio il workshop di costruzione con materiali naturali - in questo caso la canna "Arundo Donax" – che si è svolto al Politecnico di Bari.
Il laboratorio durato circa una decina di giorni, era gratuito e aperto a tutti gli studenti del Politecnico. E' nato da un'iniziativa dell'associazione Studenti Democratici ed è stato organizzato da "Lan_Laboratorio Architetture Naturali".
Le lezioni sono state tenute dal Dott. Francesco Poli, architetto impegnato nella sperimentazione di architetture con materiali naturali. La struttura realizzata, si trova nei pressi dell'ingresso di Via Re David del campus universitario ed è stata progettata dall'arch. Poli.
La leggerezza e la natura si concretizzano in questa struttura suggestiva, di forte impatto, che fonde la semplicità del materiale alla creatività della forma. La realizzazione ha avuto varie fasi, dalla pulizia di ogni singola canna, all'intreccio, fino all'innalzamento con le complesse soluzioni finali! Un'interessante esperienza sia per l'insegnante che per i partecipanti,..... "la canna ha molteplici possibilità di utilizzo, dal design all’architettura, passando per l’arte" come ci ha raccontato l'architetto Poli in un'intervista......
D: "Dott. Poli, com'è nata l'idea di un workshop sulla costruzione con la canna?"
R: "E' un modo per diffondere tecniche costruttive con un materiale che normalmente siamo abituati a vedere in altri contesti e che spesso tendiamo a ignorare. Inoltre è ciò che sto facendo nell’ultimo periodo attraverso i laboratori tenuti con l’associazione. La canna ha molteplici possibilità di utilizzo..... Le forme che si riescono ad ottenere, attraverso il metodo appreso dal Gruppo Canyaviva, sono tra le più strabilianti. Inoltre la canna è un materiale economico, paragonabile al bambù, che nella nostra terra è presente in grandi quantità, quindi un materiale a km zero. Nel suo ciclo di vita assorbe una notevole quantità di anidride carbonica, la sua coltivazione sarebbe anche auspicabile. E poi vi è la parte relativa i suoi molteplici utilizzi e la possibilità di sfruttare la sua flessibilità per ottenere forme che normalmente risulterebbero esageratamente onerose se fossero realizzate con altri materiali. E' anche un materiale pulito e di facile lavorazione."
D: "Quali sono le motivazioni che hanno spinto i ragazzi a frequentarlo?"
R: "Era rivolto a tutti gli studenti del Politecnico e dai partecipanti si è evidenziata la voglia di apprendere cose innovative e di veder realizzata un’opera con le proprie mani."
D: "Ci parla della struttura che avete costruito?"
R: "L’opera realizzata appartiene ad un percorso di ricerca e sperimentazione che sto svolgendo negli ultimi tempi attraverso l’utilizzo dell’Arundo Donax con il sistema a fasci. La forma è il risultato dello uno studio di una geometria che andasse oltre le strutture sino ad ora realizzate. Di sicuro si troveranno esemplari simili in qualche parte del mondo, di mio ne ho visti alcuni che utilizzano il bambù. L’installazione rimarrà al Politecnico per un periodo non definito, almeno un anno sarà in esposizione."
D: "Dove avete reperito i materiali? Come è stato organizzato - in modo concreto - il workshop?"
R: "Le canne sono state tagliate in un terreno di proprietà privata in località Cozze – Mola di Bari grazie alla gentile concessione del proprietario. Il resto del materiale è costituito da cordame di canapa e sisal che è stato acquistato da rivenditori specializzati. Di reperire questi materiali me ne sono occupato io e ho aperto la partecipazione al taglio delle canne agli stessi studenti che in tal maniera hanno appreso le nozioni fondamentali relative la gestione di un canneto e le proprietà fisiche delle stesse canne. Successivamente, dopo aver trasportato le canne al Politecnico, si è passati alle fasi di pulizia, classificazione e assemblaggio. Infine abbiamo innalzato le arcate e, dopo averle fissate l’una con l’altra, la struttura è stata rivestita da canne intrecciate. La struttura terminata è stata inaugurata l'11 maggio con un pic nic nell’area giardino che ha assunto una nuova veste. Infatti con questa operazione, insieme alla precedente realizzata con i ragazzi di Ingegneria Senza Frontiere che tra l’altro stanno redigendo un progetto di riqualificazione per quest’area, si spera di ridar vita ad uno spazio che ormai da anni è caduto in disuso:"
D: "Chi ha finanziato questo progetto? Ci sarà un seguito?"
R: "Il progetto è a cura dell’associazione studentesca Studenti Democratici con il contributo del Politecnico di Bari. Un seguito ci sarà già dalla prossima settimana, con i ragazzi che vi hanno partecipato realizzeremo una struttura temporanea in Bambù che verrà successivamente esposta al Fortino in occasione della “Primavera Mediterranea", nei giorni 17-18-19 maggio a Bari!"
http://www.puglialive.net/home/news_det.php?nid=55666#
Materiali vegetali per l’architettura: il bambù, il salice e canna comune
testo di Giulia Custodi
Nell’ambito della ricerca e della sperimentazione di materiali vegetali per l’architettura, il bambù gode oggi di una posizione sicuramente privilegiata, dovuta all’interesse che ha suscitato nel mondo occidentale negli ultimi decenni. Infatti questa pianta, della famiglia delle graminacee, serviva come materiale da costruzione, fin da tempi antichissimi, soprattutto nell’area asiatica e in quella latino americana, in cui è da considerare materiale tipico, impiegato nelle tecniche tradizionali e praticamente per qualsiasi tipo di scopo, dal rivestimento degli interni abitativi fino alle parti strutturali degli edifici. La pianta del bambù in queste aree geografiche è così diffusa che in alcune culture essa è diventata anche un simbolo di forza e duttilità, in sintonia con le filosofie orientali: è elastica ma resistente, rappresenta integrità morale e al tempo stesso apertura mentale.
Nell’ambito della ricerca e della sperimentazione di materiali vegetali per l’architettura, il bambù gode oggi di una posizione sicuramente privilegiata, dovuta all’interesse che ha suscitato nel mondo occidentale negli ultimi decenni. Infatti questa pianta, della famiglia delle graminacee, serviva come materiale da costruzione, fin da tempi antichissimi, soprattutto nell’area asiatica e in quella latino americana, in cui è da considerare materiale tipico, impiegato nelle tecniche tradizionali e praticamente per qualsiasi tipo di scopo, dal rivestimento degli interni abitativi fino alle parti strutturali degli edifici. La pianta del bambù in queste aree geografiche è così diffusa che in alcune culture essa è diventata anche un simbolo di forza e duttilità, in sintonia con le filosofie orientali: è elastica ma resistente, rappresenta integrità morale e al tempo stesso apertura mentale.
Oltre all’intrinseca bellezza, l’elevata resistenza meccanica, questa pianta cresce ad una rapidità notevole,
arrivando fino al 30% all’anno (rispetto al 2-3% degli alberi); questa
sua caratteristica è forse la principale spinta che ha indotto il mondo
del costruire sostenibile a sperimentarne sempre di più le potenzialità.
Recentemente si sono incentivate le realizzazioni di bambuseti, o coltivazioni di bambù, nell’area europea, Italia compresa,
luoghi in cui questa pianta non è presente in origine. Poiché il bambù è
fortemente adattabile ad una molteplicità di condizioni climatiche, non
è difficile creare queste coltivazioni, per contro il problema è
riuscire a controllare la crescita e l’espansione di questo arbusto
entro i confini definiti, per favorire la coesistenza anche con le
foreste pre-esistenti, in maniera bilanciata e senza danneggiare la
biodiversità della zona nella quale si va a piantare il bambù.
In Europa invece, sempre della famiglia delle graminacee è presente la Arundo Donax, nota come canna comune, che cresce spontanea soprattutto lungo i fiumi e i laghi; ha caratteristiche simili al bambù ma è meno versatile,
poiché impiegabile solo per rivestimenti e strutture leggere. La canna
comune riesce a sopravvivere bene in condizioni di siccità, come in
Puglia, dove lo studio LAN, laboratorio architettura naturale,
fondato dall’architetto Francesco Poli, ne sperimenta da diversi anni le
applicazioni, a metà tra architettura e arte del paesaggio: proprio a
marzo di quest’anno il gruppo ha organizzato un evento di costruzione
partecipata a Barletta, gratuito e rivolto a tutti, nell’ottica di una
serie di iniziative volte a promuovere la conoscenza di questo tipo di
materiali e costruzioni alternative, che recuperano anche in parte una
certa tradizione da tempo perduta con l’imporsi del cemento e
dell’industrializzazione del processo edilizio.
Queste realizzazioni fanno eco alle “architetture viventi”, sperimentate dal gruppo di Stoccarda Sanfte Strukturen di Marcel Kalberer, che da circa 25 anni creano delle strutture in salice che, germogliando dalle proprie talee legnose, con il tempo si trasformano in veri e propri “edifici verdi”. Il salice richiede più acqua della canna comune, il che lo rende meno idoneo a zone secche.
Bambù, canna comune e salice: sono tre
materiali vegetali le cui caratteristiche ecologiche e di resistenza, di
crescita rapida e per lo più spontanea, affascinano gli architetti e li spingono a esplorarne le potenzialità, ne fanno materiali da scoprire, o forse da riscoprire.
Il Bambuseto
vivaio di Michele Carretta
Lavello (PZ)
http://www.verdebambu.it/home.htm
Bambù e salice per costruire sostenibile
I materiali vegetali si stanno facendo strada nella progettazione delle
abitazioni e nella creazione di opere architettoniche temporanee
testo di Roberta Pizzolante
Resistente, versatile e
sostenibile. Sono i motivi per cui nel campo della bioedilizia e della
bioarchitettura si ricorre sempre più spesso al bambù. Questo materiale
naturale costituisce una promessa per il settore e una valida
alternativa al legno per le sue caratteristiche di solidità, resistenza,
leggerezza ma anche perché il bambù, appartenente alla famiglia delle graminacee, si rigenera molto velocemente e rappresenta quindi una risorsa rinnovabile.
Molto diffuso nell’architettura latino americana e asiatica, dove viene utilizzato nella struttura portante e nelle altre componenti di edifici anche di grandi dimensioni, il bambù trova spazio nelle nostre case soprattutto come rivestimento per pavimenti e pareti. “Mentre in alcune aree del mondo esiste una lunga tradizione costruttiva a base di bambù, in Italia tendiamo ad utilizzare maggiormente il legno anche se il bambù comincia ad essere molto utilizzato nei parquet”, spiega Francesco Poli, architetto e fondatore del Lan – Laboratorio architetture naturali. “I vantaggi del suo utilizzo sono molteplici. Trattandosi di un materiale naturale, l’intero ciclo di vita del prodotto è sostenibile, dalla fase di reperimento fino alla sua dismissione. Per non parlare del fatto che è una pianta a crescita rapida, la sua biomassa può raggiungere un incremento annuale fino al 30%, mentre generalmente quella degli alberi oscilla fra il 2 e il 5%, ed è capace di assorbire molta anidride carbonica. la cosa interessante è che per superare il problema dell’importazione e avere a disposizione il bambù a km zero si stanno diffondendo al centro e al nord Italia le esperienze dei bambuseti, coltivazioni di bambù da cui tratte il materiale per le costruzioni”.
Il bambù, infatti, è ideale da impiegare nelle strutture temporanee, sotto forma di travi o pilastri. “Con il bambù è possibile realizzare gazebi, stand, coperture ombreggianti, interventi di riqualificazione nei parchi, strutture nei lidi balneari e vere e proprie opere d’arte”, aggiunge l’architetto Poli, che in Puglia ha realizzato opere di architettura effimera utilizzando un altro prodotto della natura, la canna comune Arundo Donax. “In genere immaginiamo un gazebo con travi di legno e un tetto a falda, con il bambù invece è possibile lavorare sulle forme grazie alla flessibilità del materiale”. Di questo genere sono le sperimentazioni del gruppo di lavoro Ak0 (Architettura a chilometro zero) che, collaborando con altre realtà come l’Associazione Italiana Bambù e il Bambuseto, ha realizzato una struttura multifunzionale in bambù italiano, legno e terra cruda a Roccamontepiano (Chieti) e delle coperture con aste o strisce di bambù locale in Versilia.
Molto diffuso nell’architettura latino americana e asiatica, dove viene utilizzato nella struttura portante e nelle altre componenti di edifici anche di grandi dimensioni, il bambù trova spazio nelle nostre case soprattutto come rivestimento per pavimenti e pareti. “Mentre in alcune aree del mondo esiste una lunga tradizione costruttiva a base di bambù, in Italia tendiamo ad utilizzare maggiormente il legno anche se il bambù comincia ad essere molto utilizzato nei parquet”, spiega Francesco Poli, architetto e fondatore del Lan – Laboratorio architetture naturali. “I vantaggi del suo utilizzo sono molteplici. Trattandosi di un materiale naturale, l’intero ciclo di vita del prodotto è sostenibile, dalla fase di reperimento fino alla sua dismissione. Per non parlare del fatto che è una pianta a crescita rapida, la sua biomassa può raggiungere un incremento annuale fino al 30%, mentre generalmente quella degli alberi oscilla fra il 2 e il 5%, ed è capace di assorbire molta anidride carbonica. la cosa interessante è che per superare il problema dell’importazione e avere a disposizione il bambù a km zero si stanno diffondendo al centro e al nord Italia le esperienze dei bambuseti, coltivazioni di bambù da cui tratte il materiale per le costruzioni”.
Progetti italiani con il bambù
Se per vedere costruzioni interamente in bambù bisogna guardare all’estero, per esempio alle opere di Simon Velez in Colombia e di Darrel DeBoer negli Stati Uniti, restando nei confini nazionali non mancano interessanti realizzazioni. L’ultima è il progetto “The kinder garden” dell’architetto Mauricio Cardenas, che prevede la realizzazione di un asilo nido ecologico a Milano: il pavimento della zona giochi sarà in bambù, come anche l’arredo. L’anno scorso il legname derivante da questa pianta è stato utilizzato per il pavimento del complesso universitario delle Facoltà di Scienze ed Ingegneria di Trento, a Povo. A Vergiate, provincia di Varese, invece, l’associazione Emissionizero insieme al Comune ha realizzato tra il 2002 e il 2003 il Padiglione, la prima struttura permanente a uso pubblico in bambù ispirata al padiglione Zeri dell’Expo di Hannover, e successivamente anche uno stand espositivo per fiere costruito con questo materiale vegetale.Il bambù, infatti, è ideale da impiegare nelle strutture temporanee, sotto forma di travi o pilastri. “Con il bambù è possibile realizzare gazebi, stand, coperture ombreggianti, interventi di riqualificazione nei parchi, strutture nei lidi balneari e vere e proprie opere d’arte”, aggiunge l’architetto Poli, che in Puglia ha realizzato opere di architettura effimera utilizzando un altro prodotto della natura, la canna comune Arundo Donax. “In genere immaginiamo un gazebo con travi di legno e un tetto a falda, con il bambù invece è possibile lavorare sulle forme grazie alla flessibilità del materiale”. Di questo genere sono le sperimentazioni del gruppo di lavoro Ak0 (Architettura a chilometro zero) che, collaborando con altre realtà come l’Associazione Italiana Bambù e il Bambuseto, ha realizzato una struttura multifunzionale in bambù italiano, legno e terra cruda a Roccamontepiano (Chieti) e delle coperture con aste o strisce di bambù locale in Versilia.
Il salice per le architetture viventi
In quanto a resistenza il bambù è in buon compagnia. Un altro materiale che offre svariate possibilità di lavorazione e applicazione è il salice, una specie arborea impiegata soprattutto nelle cosiddette architetture viventi, spazi all’aperto nati con funzioni sociali e culturali. La sua capacità di riproduzione per talea a partire dalla piantumazione di rami e di ‘prendere vita’ una volta messa a dimora, insieme alla flessibilità e all’elasticità dei rami, la rendono particolarmente adatta per le costruzioni organiche, come quelle realizzate a Stoccarda dal gruppo Sanfte Strukturen di Marcel Kalberer, che hanno stimolato la nascita di progetti simili anche nel resto d’Europa e negli Stati Uniti. In Italia un esempio di questo genere viene dall’Ecoistituto di Cesena, che sperimenta il salice per strutture viventi di gioco, come capanne, percorsi verdi e tunnel, e per grandi architetture nei parchi e negli spazi pubblici. Così sono nate, per esempio, la struttura vivente nel Parco di Borghi (Fc), fatta con salici reperiti sulle sponde del fiume Uso, le opere di gioco per due scuole della provincia di Forlì-Cesena e altri allestimenti negli spazi urbani in Italia e in Svizzera.LABcittà - Green Edition
L’intervento di rigenerazione
ideato da MettiamosuBottega, in collaborazione con le associazioni LAN_laboratorio architetture naturali e
Flora et Labora, ha coinvolto i cittadini in attività di social
gardening e nella costruzione di una struttura in canne Arundo Donax, a
cura dell’associazione LAN-Laboratorio Architetture Naturali. Il tutto
al fine di diffondere la cultura dell’autocostruzione e della
sperimentazione di materiali naturali applicati all’architettura e al
design.
LABCITTÀ_Costruzione partecipata di una struttura in canne Arundo Donax
In
collaborazione con METTIAMO SU BOTTEGA, associazione culturale
promotrice di questo evento, andremo a riqualificare un'area a verde
degradata nella periferia di Barletta.
Realizzeremo una piccola struttura in canne per definire uno spazio di sosta coperto.
La partecipazione è gratuita e aperta a tutti.
Il progetto si svolgerà a barletta, nel quartiere Barberini, in via delle querce n.286, nei giorni 10-11 e 17-18 marzo 2012, dalla mattina al pomeriggio.
METTIAMO SU BOTTEGA si prenderà cura del verde attraverso la piantumazione di alberi e piante e la realizzazione di elementi di arredo urbano.
LAN si occuperà della parte didattica relativa la costruzione in canne.
Gli interessati al laboratorio di costruzione, aderendo con mail, verranno informati relativamente gli orari, i luoghi e le modalità dell'operazione.
È possibile partecipare al taglio delle canne, il giorno venerdì 09 marzo, confermandolo nella mail.
Per il resto è libera la partecipazione a tutte le altre attività che si svolgeranno senza nessuna comunicazione.
indirizzo mail per conferma:
architettopoli@gmail.com
METTIAMO SU BOTTEGA
http:// mettiamosubottega.wordpress .com/
Realizzeremo una piccola struttura in canne per definire uno spazio di sosta coperto.
La partecipazione è gratuita e aperta a tutti.
Il progetto si svolgerà a barletta, nel quartiere Barberini, in via delle querce n.286, nei giorni 10-11 e 17-18 marzo 2012, dalla mattina al pomeriggio.
METTIAMO SU BOTTEGA si prenderà cura del verde attraverso la piantumazione di alberi e piante e la realizzazione di elementi di arredo urbano.
LAN si occuperà della parte didattica relativa la costruzione in canne.
Gli interessati al laboratorio di costruzione, aderendo con mail, verranno informati relativamente gli orari, i luoghi e le modalità dell'operazione.
È possibile partecipare al taglio delle canne, il giorno venerdì 09 marzo, confermandolo nella mail.
Per il resto è libera la partecipazione a tutte le altre attività che si svolgeranno senza nessuna comunicazione.
indirizzo mail per conferma:
architettopoli@gmail.com
METTIAMO SU BOTTEGA
http://
Natura in Architettura: nuove frontiere ecologiche
di Alessandro Bellantuono
E’ possibile costruire architetture effimere coniugando natura, ecologia e finalità sociali. Alcuni esempi in Europa e uno anche in Puglia
E’ possibile costruire architetture effimere coniugando natura, ecologia e finalità sociali. Alcuni esempi in Europa e uno anche in Puglia
Si
può pensare di unire architettura, natura, ecologia e magari offrire
un’occasione di partecipare alla costruzione in maniera divertente a
chiunque ne abbia voglia?
La risposta è si, si può e lo si sta già facendo da almeno 25 anni per merito dei Sanfte Strukturen, gruppo di artisti-architetti di Stoccarda guidati dall’architetto Marcel Kalberer, i quali sin dal 1985 hanno dato vita a strutture costruite partendo dalle talee di salice.
Le loro costruzioni straordinariamente visionarie, prendono forma dai fasci di talee di salice piantati e piegati fino a far assumere ad essi le forme desiderate; con il passare del tempo esse germogliano andando a completare la realizzazione sia in “copertura” con le loro fronde, sia in “fondazione” con le loro radici . Negli anni la tecnica si è affinata maggiormente, ed oggi per ottenere le forme arcuate più ardite si utilizzano delle guide in acciaio non zincato a cui vengono successivamente legati i fasci di talee.
Ma l’aspetto straordinario di queste opere , oltre a quello visivo, è lo spirito con cui vengono realizzate: nascono infatti da veri e propri cantieri sociali a cui può prendere parte chiunque in un clima di collaborazione ed apprendimento senza però tralasciare l’aspetto ludico e talvolta festaiolo che accompagna questo tipo di realizzazioni.
Il palazzo Auerworld per esempio, realizzato ad Auerstedt, Germania, ha visto la partecipazione di circa 300 volontari provenienti da diverse nazioni, gente di tutti i tipi, dagli studenti agli anziani ai bambini. Questo palazzo, piantato nel 1998 ed inaugurato ufficialmente nel luglio 2008 viene oggi usato per particolari avvenimenti od attività culturali, ed al suo interno sono presenti delle installazioni luminose che contribuiscono ad aumentarne il fascino che richiama oramai migliaia di visitatori ogni anno.
E’ particolare il fatto che l’inaugurazione del palazzo, avvenuta 10 anni dopo la sua piantumazione nel momento in cui le fronde avevano ricoperto la struttura, non rappresenta la chiusura del progetto, come avviene solitamente in qualsiasi manufatto architettonico, ma solo un momento della sua realizzazione in quanto come ha detto Kalberer, “dopo dieci anni di sviluppo la possiamo considerare finita. Senza dubbio però continuerà a crescere” , questa è la peculiarità della natura viva.
Il 2001 è stato invece l’anno della Weidendom, la cattedrale di salice, realizzata a Rostock, Germania, in occasione del salone internazionale del giardinaggio che avrebbe avuto luogo nel 2003; essa, realizzata sull’esempio progettuale delle chiese romaniche, con navate cupole ed absidi, ha visto la partecipazione di 600 volontari provenienti da 12 nazioni diverse per la sua realizzazione, dando vita ad un evento sociale che voleva rispecchiare la costruzione delle chiese gotiche medioevali.
La cattedrale, commissionata dalla chiesa ecumenica cristiana, è stata utilizzata per le funzioni sia da quest’ultima che dalla comunità ebraica e vuole simbolicamente enfatizzare il legame tra natura e sacro, nell’idea che la crescita della vegetazione e quindi lo sviluppo della natura non sia altro che lo specchio della continua crescita spirituale di una comunità religiosa.
Esempio meno maestoso ma sempre di grande effetto sociale e scenografico è il padiglione delle rose, realizzato a Duisburg, Germania, nel 2010; struttura di forte connotazione simbolica come segno della integrazione tra diverse culture, la quale edificata tra chiesa e moschea ha visto la collaborazione delle comunità tedesche e turca alla sua realizzazione, traendo dal simbolo di una rosa che sboccia realizzata con talee di salice e bambù, lo spunto per una integrazione socio-ecologica delle differenze culturali, generazionali o sessuali.
Ultimamente anche in Puglia si stanno promuovendo delle esperienze di questo tipo, portate avanti dal laboratorio di architetture naturali, associazione la quale propone diverse strutture naturali realizzate con canna comune: anche qui, come per i fratelli maggiori tedeschi, le intenzioni sono quelle di creare delle architetture ecologiche realizzando delle strutture temporanee da utilizzare soprattutto nei mesi estivi, alla realizzazione delle quali siano coinvolti anche i più piccoli, in modo da avvicinarli sempre più alle tematiche dell’ecologia e della costruzione offrendo così un’alternativa ai consueti giochi che si ritrovano sovente nei nostri parchi.
La scelta dell’utilizzo della canna comune al posto del salice, dipende da una scelta di natura soprattutto ecologica e di legame col territorio oltre che costruttiva: infatti, la regione, da sempre povera di acqua, non potrebbe sostenere delle installazioni con talee di salice in quanto quest’ultime necessitano di un apporto idrico notevole di cui invece non ha bisogno la canna: a conferma di ciò vi è l’abbondanza di quest’ultima nel territorio e l’assenza del salice.
Il laboratorio, attivo da poco più di un anno ha già al suo attivo diverse installazioni, una delle quali attualmente esposta al Politecnico di Bari dimostra sia la complessità della realizzazione ma anche la bellezza e particolarità delle forme a cui si può arrivare partendo da un elemento assolutamente naturale come la canna comune.
http://www.tekneco.it/bioedilizia/natura-in-architettura-nuove-frontiere-ecologiche/
La risposta è si, si può e lo si sta già facendo da almeno 25 anni per merito dei Sanfte Strukturen, gruppo di artisti-architetti di Stoccarda guidati dall’architetto Marcel Kalberer, i quali sin dal 1985 hanno dato vita a strutture costruite partendo dalle talee di salice.
Le loro costruzioni straordinariamente visionarie, prendono forma dai fasci di talee di salice piantati e piegati fino a far assumere ad essi le forme desiderate; con il passare del tempo esse germogliano andando a completare la realizzazione sia in “copertura” con le loro fronde, sia in “fondazione” con le loro radici . Negli anni la tecnica si è affinata maggiormente, ed oggi per ottenere le forme arcuate più ardite si utilizzano delle guide in acciaio non zincato a cui vengono successivamente legati i fasci di talee.
Ma l’aspetto straordinario di queste opere , oltre a quello visivo, è lo spirito con cui vengono realizzate: nascono infatti da veri e propri cantieri sociali a cui può prendere parte chiunque in un clima di collaborazione ed apprendimento senza però tralasciare l’aspetto ludico e talvolta festaiolo che accompagna questo tipo di realizzazioni.
Il palazzo Auerworld per esempio, realizzato ad Auerstedt, Germania, ha visto la partecipazione di circa 300 volontari provenienti da diverse nazioni, gente di tutti i tipi, dagli studenti agli anziani ai bambini. Questo palazzo, piantato nel 1998 ed inaugurato ufficialmente nel luglio 2008 viene oggi usato per particolari avvenimenti od attività culturali, ed al suo interno sono presenti delle installazioni luminose che contribuiscono ad aumentarne il fascino che richiama oramai migliaia di visitatori ogni anno.
E’ particolare il fatto che l’inaugurazione del palazzo, avvenuta 10 anni dopo la sua piantumazione nel momento in cui le fronde avevano ricoperto la struttura, non rappresenta la chiusura del progetto, come avviene solitamente in qualsiasi manufatto architettonico, ma solo un momento della sua realizzazione in quanto come ha detto Kalberer, “dopo dieci anni di sviluppo la possiamo considerare finita. Senza dubbio però continuerà a crescere” , questa è la peculiarità della natura viva.
Il 2001 è stato invece l’anno della Weidendom, la cattedrale di salice, realizzata a Rostock, Germania, in occasione del salone internazionale del giardinaggio che avrebbe avuto luogo nel 2003; essa, realizzata sull’esempio progettuale delle chiese romaniche, con navate cupole ed absidi, ha visto la partecipazione di 600 volontari provenienti da 12 nazioni diverse per la sua realizzazione, dando vita ad un evento sociale che voleva rispecchiare la costruzione delle chiese gotiche medioevali.
La cattedrale, commissionata dalla chiesa ecumenica cristiana, è stata utilizzata per le funzioni sia da quest’ultima che dalla comunità ebraica e vuole simbolicamente enfatizzare il legame tra natura e sacro, nell’idea che la crescita della vegetazione e quindi lo sviluppo della natura non sia altro che lo specchio della continua crescita spirituale di una comunità religiosa.
Esempio meno maestoso ma sempre di grande effetto sociale e scenografico è il padiglione delle rose, realizzato a Duisburg, Germania, nel 2010; struttura di forte connotazione simbolica come segno della integrazione tra diverse culture, la quale edificata tra chiesa e moschea ha visto la collaborazione delle comunità tedesche e turca alla sua realizzazione, traendo dal simbolo di una rosa che sboccia realizzata con talee di salice e bambù, lo spunto per una integrazione socio-ecologica delle differenze culturali, generazionali o sessuali.
Ultimamente anche in Puglia si stanno promuovendo delle esperienze di questo tipo, portate avanti dal laboratorio di architetture naturali, associazione la quale propone diverse strutture naturali realizzate con canna comune: anche qui, come per i fratelli maggiori tedeschi, le intenzioni sono quelle di creare delle architetture ecologiche realizzando delle strutture temporanee da utilizzare soprattutto nei mesi estivi, alla realizzazione delle quali siano coinvolti anche i più piccoli, in modo da avvicinarli sempre più alle tematiche dell’ecologia e della costruzione offrendo così un’alternativa ai consueti giochi che si ritrovano sovente nei nostri parchi.
La scelta dell’utilizzo della canna comune al posto del salice, dipende da una scelta di natura soprattutto ecologica e di legame col territorio oltre che costruttiva: infatti, la regione, da sempre povera di acqua, non potrebbe sostenere delle installazioni con talee di salice in quanto quest’ultime necessitano di un apporto idrico notevole di cui invece non ha bisogno la canna: a conferma di ciò vi è l’abbondanza di quest’ultima nel territorio e l’assenza del salice.
Il laboratorio, attivo da poco più di un anno ha già al suo attivo diverse installazioni, una delle quali attualmente esposta al Politecnico di Bari dimostra sia la complessità della realizzazione ma anche la bellezza e particolarità delle forme a cui si può arrivare partendo da un elemento assolutamente naturale come la canna comune.
http://www.tekneco.it/bioedilizia/natura-in-architettura-nuove-frontiere-ecologiche/
intervista per Ambiente&Ambienti
di Fulvio Di Giuseppe
Francesco Poli nei suoi laboratori insegna a lavorare materiali naturali e ne ricava strutture che si integrano perfettamente negli ambienti per i quali sono stati pensati. La sua creatività si concretizza nel Lan, Laboratorio architetture naturali.
Sulla sua carta d’identità c’è scritto semplicemente: “architetto”. Ma nel suo caso, forse, sarebbe più opportuno citarne il nome come si faceva con gli artisti: Francesco Poli da Rutigliano. Perché per lui l’architettura, prima di essere un lavoro, rappresenta una vera e propria missione sociale. A cominciare dai materiali utilizzati per costruire: canne, terracruda, paglia, bambù.
Un passo oltre la bioedilizia, perché Francesco non solo realizza strutture naturali, utilizzando i materiali disponibili in loco, ma lo fa attraverso dei laboratori, in cui insegna, dice «tutto quello che ho imparato» e dove la gente coopera per realizzare la struttura. Ogni laboratorio, infatti, è una esperienza di vita oltre che professionale. Si vive, si mangia, si dorme e si lavora insieme per una settimana. «Dalla studentessa, al pensionato – spiega il giovane rutiglianese – non c’è vincolo o target di età prestabilito tra i partecipanti: sono principalmente non addetti ai lavori, che si cimentano con questa nuova esperienza. Del resto – evidenzia – non c’è soddisfazione più grande di aver realizzato qualcosa con le proprie mani». Si impara a trattare la canna: le nozioni sulla sua gestione, la coltivazione, la raccolta del materiale, per poi pulirla e classificarla. Infine si impara la costruzione a fasci e la tecnica dell’intreccio.
Un lavoro fatto in proprio con il vantaggio, rispetto ai materiali consueti, di “portare dentro di sé il carattere ecologico all’ennesima potenza”. Le costruzioni completamente naturali hanno infatti impatto zero sull’ambiente, dal reperimento del materiale alla sua dismissione. «Il bambù e la canna comune Arundo Donax – spiega Poli – sono piante a crescita rapida e capaci di assorbire molta anidride carbonica durante il loro ciclo di vita e anche la terra cruda ha delle qualità che la collocano ai primi posti nella lista dei materiali ecologici».
Architetto e artista, perché «queste opere si avvicinano alla scultura. Quando proponiamo dei gazebo, ad esempio, li presentiamo in forme che a volte sembrano così anomale, perché non sono mai state pensate così». L’opera compiuta ha una vita minore rispetto a una realizzata con materiali “tradizionali”, ma ha un evidente vantaggio economico: «La struttura ha una durata media di cinque anni ed è inferiore rispetto a una struttura fatta ad esempio con l’acciaio, ma il risparmio a livello di costi è di almeno la metà. Il tempo di cinque anni, poi, è da intendersi senza alcun tipo di trattamento, ma oltre a poter intervenire con l’impregnante, è anche affascinante osservare come le tonalità si modifichino spontaneamente, in base alla vita naturale del materiale utilizzato».
Le nuove frontiere, però, sono costrette a scontrarsi sempre con le perplessità, innanzitutto sulla tenuta e la sicurezza. «In quanto architetto ti assumi la responsabilità in prima persona sul progetto – assicura Francesco – e i problemi possono subentrare solo se si va oltre il pergolato o la struttura ombreggiante, ma agiamo sempre in massima sicurezza: nelle fiere, ad esempio, viene richiesto che gli stand siano per forza ignifughi o una abitazione, al momento, non potrei comunque costruirla perché la normativa me lo vieta».
All’architetto, però, non mancano le idee per potenziare il mercato. «Si potrebbe puntare a utilizzare questi materiali nell’ambito della riqualificazione dei parchi naturalistici o la cura degli stabilimenti balneari – spiega – e le istituzioni dovrebbero investire su tutto il meccanismo e rilanciare la coltivazione delle canne, come avveniva in passato, perché purtroppo ora i canneti sono solo avanzi di situazioni incontrollate nei pressi di canali e fiumi».
Oltre ad alcune realtà del Nord (dove c’è però più risposta per il bambù), è in Sicilia che stanno fiorendo attività di questo tipo e una cooperativa ha anche acquisito un canneto come bene confiscato alla mafia. In Puglia, questa “visione estrema” si concretizza nel Lan, il Laboratorio architetture naturali. Ma non chiamatelo “studio dell’architetto Poli”.
http://www.ambienteambienti.com/featured/2012/02/news/larchitetto-che-ama-il-bambu-58861.html
Francesco Poli nei suoi laboratori insegna a lavorare materiali naturali e ne ricava strutture che si integrano perfettamente negli ambienti per i quali sono stati pensati. La sua creatività si concretizza nel Lan, Laboratorio architetture naturali.
Sulla sua carta d’identità c’è scritto semplicemente: “architetto”. Ma nel suo caso, forse, sarebbe più opportuno citarne il nome come si faceva con gli artisti: Francesco Poli da Rutigliano. Perché per lui l’architettura, prima di essere un lavoro, rappresenta una vera e propria missione sociale. A cominciare dai materiali utilizzati per costruire: canne, terracruda, paglia, bambù.
Un passo oltre la bioedilizia, perché Francesco non solo realizza strutture naturali, utilizzando i materiali disponibili in loco, ma lo fa attraverso dei laboratori, in cui insegna, dice «tutto quello che ho imparato» e dove la gente coopera per realizzare la struttura. Ogni laboratorio, infatti, è una esperienza di vita oltre che professionale. Si vive, si mangia, si dorme e si lavora insieme per una settimana. «Dalla studentessa, al pensionato – spiega il giovane rutiglianese – non c’è vincolo o target di età prestabilito tra i partecipanti: sono principalmente non addetti ai lavori, che si cimentano con questa nuova esperienza. Del resto – evidenzia – non c’è soddisfazione più grande di aver realizzato qualcosa con le proprie mani». Si impara a trattare la canna: le nozioni sulla sua gestione, la coltivazione, la raccolta del materiale, per poi pulirla e classificarla. Infine si impara la costruzione a fasci e la tecnica dell’intreccio.
Un lavoro fatto in proprio con il vantaggio, rispetto ai materiali consueti, di “portare dentro di sé il carattere ecologico all’ennesima potenza”. Le costruzioni completamente naturali hanno infatti impatto zero sull’ambiente, dal reperimento del materiale alla sua dismissione. «Il bambù e la canna comune Arundo Donax – spiega Poli – sono piante a crescita rapida e capaci di assorbire molta anidride carbonica durante il loro ciclo di vita e anche la terra cruda ha delle qualità che la collocano ai primi posti nella lista dei materiali ecologici».
Architetto e artista, perché «queste opere si avvicinano alla scultura. Quando proponiamo dei gazebo, ad esempio, li presentiamo in forme che a volte sembrano così anomale, perché non sono mai state pensate così». L’opera compiuta ha una vita minore rispetto a una realizzata con materiali “tradizionali”, ma ha un evidente vantaggio economico: «La struttura ha una durata media di cinque anni ed è inferiore rispetto a una struttura fatta ad esempio con l’acciaio, ma il risparmio a livello di costi è di almeno la metà. Il tempo di cinque anni, poi, è da intendersi senza alcun tipo di trattamento, ma oltre a poter intervenire con l’impregnante, è anche affascinante osservare come le tonalità si modifichino spontaneamente, in base alla vita naturale del materiale utilizzato».
Le nuove frontiere, però, sono costrette a scontrarsi sempre con le perplessità, innanzitutto sulla tenuta e la sicurezza. «In quanto architetto ti assumi la responsabilità in prima persona sul progetto – assicura Francesco – e i problemi possono subentrare solo se si va oltre il pergolato o la struttura ombreggiante, ma agiamo sempre in massima sicurezza: nelle fiere, ad esempio, viene richiesto che gli stand siano per forza ignifughi o una abitazione, al momento, non potrei comunque costruirla perché la normativa me lo vieta».
All’architetto, però, non mancano le idee per potenziare il mercato. «Si potrebbe puntare a utilizzare questi materiali nell’ambito della riqualificazione dei parchi naturalistici o la cura degli stabilimenti balneari – spiega – e le istituzioni dovrebbero investire su tutto il meccanismo e rilanciare la coltivazione delle canne, come avveniva in passato, perché purtroppo ora i canneti sono solo avanzi di situazioni incontrollate nei pressi di canali e fiumi».
Oltre ad alcune realtà del Nord (dove c’è però più risposta per il bambù), è in Sicilia che stanno fiorendo attività di questo tipo e una cooperativa ha anche acquisito un canneto come bene confiscato alla mafia. In Puglia, questa “visione estrema” si concretizza nel Lan, il Laboratorio architetture naturali. Ma non chiamatelo “studio dell’architetto Poli”.
http://www.ambienteambienti.com/featured/2012/02/news/larchitetto-che-ama-il-bambu-58861.html
intervista per Conversanoweb
L’associazione "Se un pomeriggio...", domenica 29 Gennaio, ha ospitato, presso la Locanda, l’architetto Francesco Poli, nell’evento "Fatti di canne − dalla natura all’architettura". In una sala affollata l’architetto ha illustrato, attraverso foto e video, le caratteristiche della canna e i vantaggi di una particolare tecnica di costruzione, attraverso l’utilizzo di un altrettanto particolare materiale: la canna "Arundo Donax". Per l’occasione gli abbiamo rivolto qualche domanda.
- In che cosa consiste il suo lavoro?
"Mi occupo dello studio e sperimentazione nella costruzione di architetture capaci di integrarsi armoniosamente con la natura e che dalla natura si approvvigionino dei materiali necessari per la loro realizzazione.
Il mio percorso di avvicinamento a questo mondo è stato progressivo e manca ancora molto per raggiungere alti livelli di professionalità. Dopo aver lavorato per svariati anni in alcuni studi di architettura di provincia e successivamente nello studio madrileno di Andrés Perea Ortega ho cominciato a nutrire un interesse particolare nei confronti dell’ambiente e degli spazi costruiti.
Ho partecipato a numerosi Workshop di costruzione con materiali naturali quali terracruda, paglia, bambù. Successivamente ho collaborato in Portogallo con l’architetto Jonathan Cory-Wright ed il Grupo Canyaviva apprendendo la tecnica di lavorazione delle canne per la realizzazione di strutture ad archi.
Ritornato in Italia ho proseguito la sperimentazione e la divulgazione di quanto appreso attraverso l’organizzazione di laboratori di costruzione. Con essi ho avuto modo di stimolare altra gente a queste tematiche e insieme abbiamo deciso di istituire l’associazione LAN_Laboratorio Architetture Naturali che opera a livello nazionale.
Il mio lavoro consiste quindi sia nella progettazione di un manufatto architettonico naturale che nella sua realizzazione.
Attraverso i laboratori di costruzione è possibile diffondere le tecniche costruttive, “il
saper fare” e le conoscenze teoriche per affrontare in maniera adeguata tutti i casi
relativi l’autocostruzione e l’utilizzo di materiali naturali".
- Quali sono i vantaggi, soprattutto per l'ambiente?
"I vantaggi per l’ambiente sono molteplici; si pensi al fatto che costruzioni completamente naturali hanno impatto zero sull’ambiente, dal reperimento del materiale alla sua dismissione.
La coltivazione di un materiale da costruzione è il principale fattore di interesse; come il legno, altri materiali possono essere coltivati ed impiegati nelle costruzioni. Il bambù e l’Arundo Donax sono piante a crescita rapida e questo equivale a dire avere piante che si rinnovano annualmente ed inoltre capaci di assorbire molta anidride carbonica durante il loro ciclo di vita.
La terracruda ad esempio ha queste caratteristiche: facilità di reperimento, di lavorazione e applicazione, grande tenuta isolante termica, completa recuperabilità e non tossicità che la mettono ai primi posti nella lista dei materiali ecologici".
- Quali materiali predilige per le sue opere?
"In genere sono propenso all’uso di tutti quei materiali che derivano direttamente dalla natura. Per ogni differente lavoro utilizzo i materiali più appropriati.
Per la realizzazione di strutture di copertura ad archi intrecciati utilizzo la canna comune “Arundo Donax” che può essere utilizzata anche per la realizzazione di pannelli di tamponamento con intreccio di canne e successivamente rivestiti di intonaci di terracruda. La terracruda ben si presta per le lavorazioni plastiche in cui si voglia dare un aspetto anche decorativo.
Il bambù è un altro materiale naturale con cui ho lavorato e con cui vorrei poter continuare a lavorarci. In Puglia risulta alquanto difficile l’utilizzo del bambù vista la mancanza di coltivazioni nelle vicinanze e l’importazione estera risulterebbe non sostenibile sia a livello economico che ambientale. Ad ogni modo dal centro Italia al Nord i casi di coltivazione del bambù stanno aumentando sempre più e questo consentirebbe di utilizzare il materiale anche da noi riducendo le distanze dal luogo di provenienza.
La paglia ormai è di uso comune e ci sono molti esempi in cui essa viene utilizzata come tamponamento accoppiata a strutture portanti in legno".
- Girando l'Italia quali sono state le tappe più importanti e cosa ha realizzato?
"Credo che le tappe più importanti le abbia ottenute qui in Puglia, terra nella quale ho cominciato le mie sperimentazioni e i laboratori. Abbiamo realizzato alcune strutture a Torre a Mare (BA), Taranto, Cisternino (BR), Incoronata FG).
Fuori dalla Puglia c’è l’Abruzzo con il quale ho instaurato uno stupendo rapporto di collaborazione attraverso l’Associazione Italiana Case di terracruda e con la quale portiamo avanti un progetto di valorizzazione dei materiali naturali nell’ambito delle costruzioni. A Fara Filiorum Petri, in provincia di Chieti, stiamo lavorando attorno la festa tradizionale del paese “Le Farchie” dove vengono utilizzate canne e salice per creare enormi torce che durante la festa di S. Antonio Abate vengono accese. Stiamo promuovendo la realizzazione di uno spazio espositivo fatto con le canne e salice.
In Sicilia ho stretto forti legami con un gruppo di persone che si stanno occupando della gestione di un canneto proveniente dai beni confiscati alla mafia. Con loro intendiamo riqualificare l’area e creare attrattiva turistica puntando soprattutto alla realizzazione di spazi di accoglienza ecologici".
- Qual è il significato che si può trovare dietro le sue opere?
"Sino ad ora ho realizzato quelle che possono essere definite opere di “architettura effimera” a volume zero.
Sono strutture che mettono in luce la capacità di ripensare alcuni materiali che abitualmente vediamo impiegati in altra maniera.
Oltre al significato ecologico e artistico che queste opere trasmettono bisogna considerare un altro aspetto importante in questi lavori; i partecipanti alla realizzazione non sono persone addette ai lavori, chiunque può collaborare in questi cantieri che non hanno nulla a che vedere con i tradizionali cantieri edili. L’armonia e il lavoro di squadra consentono di comprendere quali siano i propri limiti individuali e di superarli cooperando".
- Per come la vede lei, che comunque opera nel settore, ci sarà mai un miglioramento nella situazione ambientale?
"Certamente le cose tenderanno a migliorare. Già ad oggi è possibile osservare un fenomeno di maggior attenzione nei confronti degli aspetti ambientali in tutti i settori. In quello dell’architettura si sta dando molta importanza alle tematiche relative il risparmio energetico, l’utilizzo di materiali eco-compatibili e delle fonti rinnovabili".
- Lei cosa consiglierebbe?
"Io con tutta franchezza consiglierei di smettere di costruire in maniera indiscriminata andando ad occupare sempre più porzioni di territorio naturale. Punterei piuttosto ad interventi rivolti al recupero e la rifunzionalizzazione del vecchio, prenderci cura del costruito.
L’unica architettura sostenibile è quella non costruita".
- Infine, qual è a suo parere la situazione in Italia, sia per quanto riguarda l'ambiente e sia per quanto concerne l'architettura?
"In Italia la situazione relativamente l’ambiente e la sua salvaguardia sta cominciando a muovere i primi passi da qualche anno, sempre dopo che altre nazioni hanno preso provvedimenti a riguardo.
Con l’introduzione della Certificazione Energetica per gli edifici si vuol imporre un modus operandi che vede il contenimento energetico, l’utilizzo di fonti rinnovabili e di materiali ecologici come fattori principali per attivare la classificazione.
Ma questi elementi da soli non possono essere considerati validi ai fini di un discorso più ampio che vuole tendere alla salvaguardia ambientale. Spesso i materiali che si utilizzano provengono da zone molto distanti o subiscono processi di lavorazione energivori che rendono il risultato poco sostenibile.
Un modo intelligente per isolare un’abitazione esiste: usare prodotti vegetali, provenienti dall’agricoltura, disponibili localmente, rinnovabili. Quella che viene definita la filiera corta: materie prime locali, a km zero, trasformate in loco per alimentare un mercato locale.
In Italia inoltre abbiamo il limite delle normative che vincolano molto l’utilizzo strutturale di materiali alternativi rispetto a quelli tradizionali".
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