Natura in Architettura: nuove frontiere ecologiche

di Alessandro Bellantuono

E’ possibile costruire architetture effimere coniugando natura, ecologia e finalità sociali. Alcuni esempi in Europa e uno anche in Puglia

Si può pensare di unire architettura, natura, ecologia e magari offrire un’occasione di partecipare alla costruzione in maniera divertente a chiunque ne abbia voglia?
La risposta è si, si può e lo si sta già facendo da almeno 25 anni per merito dei Sanfte Strukturen, gruppo di artisti-architetti di Stoccarda guidati dall’architetto Marcel Kalberer, i quali sin dal 1985 hanno dato vita a strutture costruite partendo dalle talee di salice.
Le loro costruzioni straordinariamente visionarie,  prendono forma dai fasci di talee di salice piantati e piegati fino a far assumere ad essi le forme desiderate; con il passare del tempo esse germogliano andando a completare la realizzazione sia in “copertura” con le loro fronde, sia in “fondazione” con le loro radici . Negli anni la tecnica si è affinata maggiormente, ed oggi per ottenere le forme arcuate più ardite si utilizzano delle guide in acciaio non zincato a cui vengono successivamente legati i fasci di talee.
Ma l’aspetto straordinario di queste opere , oltre  a quello visivo, è lo spirito con cui vengono realizzate: nascono infatti da veri e propri cantieri sociali a cui può prendere parte chiunque in un clima di collaborazione ed apprendimento senza però tralasciare l’aspetto ludico e talvolta festaiolo che accompagna questo tipo di realizzazioni.

Il palazzo Auerworld per esempio, realizzato ad Auerstedt, Germania,  ha visto la partecipazione di circa 300 volontari provenienti da diverse nazioni, gente di tutti i tipi, dagli studenti agli anziani ai bambini. Questo palazzo, piantato nel 1998 ed inaugurato ufficialmente nel luglio 2008 viene oggi usato per particolari avvenimenti od attività culturali, ed al suo interno sono presenti delle installazioni luminose che contribuiscono ad aumentarne il fascino che richiama oramai migliaia di visitatori ogni anno.
E’ particolare il fatto che l’inaugurazione del palazzo, avvenuta 10 anni dopo la sua piantumazione nel momento in cui le fronde avevano ricoperto la struttura, non rappresenta la chiusura del progetto, come avviene solitamente in qualsiasi manufatto architettonico, ma solo un momento della sua realizzazione in quanto come ha detto Kalberer, “dopo dieci anni di sviluppo la possiamo considerare finita. Senza dubbio però continuerà a crescere” , questa è la peculiarità della natura viva.

Il 2001 è stato invece l’anno della Weidendom, la cattedrale di salice, realizzata a Rostock, Germania,  in occasione del salone internazionale del giardinaggio che avrebbe avuto luogo nel 2003; essa, realizzata sull’esempio progettuale delle chiese romaniche, con navate cupole ed absidi, ha visto la partecipazione di 600 volontari provenienti da 12 nazioni diverse per la sua realizzazione, dando vita ad un evento sociale che voleva rispecchiare la costruzione delle chiese gotiche medioevali.
La cattedrale, commissionata dalla chiesa ecumenica cristiana, è stata utilizzata per le funzioni sia da quest’ultima che dalla comunità ebraica e vuole simbolicamente enfatizzare il legame tra natura e sacro, nell’idea che la crescita della vegetazione e quindi lo sviluppo della natura non sia altro che lo specchio della continua crescita spirituale di una comunità religiosa.

Esempio meno maestoso ma sempre di grande effetto sociale e scenografico è il padiglione delle rose, realizzato a Duisburg, Germania, nel 2010; struttura di forte connotazione simbolica come segno della integrazione tra diverse culture, la quale edificata tra chiesa e moschea  ha visto la collaborazione delle comunità tedesche e turca alla sua realizzazione, traendo dal simbolo di una rosa che sboccia realizzata con talee di salice e bambù, lo spunto per una integrazione socio-ecologica delle differenze  culturali, generazionali o sessuali.

Ultimamente anche in Puglia si stanno promuovendo delle esperienze di questo tipo, portate avanti dal laboratorio di architetture naturali, associazione la quale  propone diverse strutture naturali realizzate con canna comune: anche qui, come per i fratelli maggiori tedeschi, le  intenzioni sono quelle di creare delle architetture ecologiche realizzando delle strutture temporanee da utilizzare soprattutto nei mesi estivi, alla realizzazione delle quali siano coinvolti anche i più piccoli, in modo da avvicinarli sempre più alle tematiche dell’ecologia e della costruzione offrendo così un’alternativa ai consueti giochi che si ritrovano sovente nei nostri parchi.

La scelta dell’utilizzo della canna comune al posto del salice, dipende da una scelta di natura soprattutto ecologica e di legame col territorio oltre che costruttiva: infatti, la regione, da sempre povera di acqua, non potrebbe sostenere delle installazioni con talee di salice in quanto quest’ultime necessitano di un apporto idrico notevole di cui invece non ha bisogno la canna: a conferma di ciò vi è l’abbondanza di quest’ultima nel territorio e l’assenza del salice.

Il laboratorio, attivo da poco più di un anno ha già al suo attivo diverse installazioni, una delle quali attualmente esposta al Politecnico di Bari dimostra sia la complessità della realizzazione ma anche la bellezza e particolarità delle forme a cui si può arrivare partendo da un elemento assolutamente naturale come la canna comune.

http://www.tekneco.it/bioedilizia/natura-in-architettura-nuove-frontiere-ecologiche/ 


intervista per Ambiente&Ambienti

di Fulvio Di Giuseppe


Francesco Poli nei suoi laboratori insegna a lavorare materiali naturali e ne ricava strutture che si integrano perfettamente negli ambienti per i quali sono stati pensati. La sua creatività si concretizza nel Lan, Laboratorio architetture naturali.

Sulla sua carta d’identità c’è scritto semplicemente: “architetto”. Ma nel suo caso, forse, sarebbe più opportuno citarne il nome come si faceva con gli artisti: Francesco Poli da Rutigliano. Perché per lui l’architettura, prima di essere un lavoro, rappresenta una vera e propria missione sociale. A cominciare dai materiali utilizzati per costruire: canne, terracruda, paglia, bambù.
Un passo oltre la bioedilizia, perché Francesco non solo realizza strutture naturali, utilizzando i materiali disponibili in loco, ma lo fa attraverso dei laboratori, in cui insegna, dice «tutto quello che ho imparato» e dove la gente coopera per realizzare la struttura. Ogni laboratorio, infatti, è una esperienza di vita oltre che professionale. Si vive, si mangia, si dorme e si lavora insieme per una settimana. «Dalla studentessa, al pensionato – spiega il giovane rutiglianese – non c’è vincolo o target di età prestabilito tra i partecipanti: sono principalmente non addetti ai lavori, che si cimentano con questa nuova esperienza. Del resto – evidenzia – non c’è soddisfazione più grande di aver realizzato qualcosa con le proprie mani». Si impara a trattare la canna: le nozioni sulla sua gestione, la coltivazione, la raccolta del materiale, per poi pulirla e classificarla. Infine si impara la costruzione a fasci e la tecnica dell’intreccio.

Un lavoro fatto in proprio con il vantaggio, rispetto ai materiali consueti, di “portare dentro di sé il carattere ecologico all’ennesima potenza”. Le costruzioni completamente naturali hanno infatti impatto zero sull’ambiente, dal reperimento del materiale alla sua dismissione. «Il bambù e la canna comune Arundo Donax – spiega Poli – sono piante a crescita rapida e capaci di assorbire molta anidride carbonica durante il loro ciclo di vita e anche la terra cruda ha delle qualità che la collocano ai primi posti nella lista dei materiali ecologici».

Architetto e artista, perché «queste opere si avvicinano alla scultura. Quando proponiamo dei gazebo, ad esempio, li presentiamo in forme che a volte sembrano così anomale, perché non sono mai state pensate così». L’opera compiuta ha una vita minore rispetto a una realizzata con materiali “tradizionali”, ma ha un evidente vantaggio economico: «La struttura ha una durata media di cinque anni ed è inferiore rispetto a una struttura fatta ad esempio con l’acciaio, ma il risparmio a livello di costi è di almeno la metà. Il tempo di cinque anni, poi, è da intendersi senza alcun tipo di trattamento, ma oltre a poter intervenire con l’impregnante, è anche affascinante osservare come le tonalità si modifichino spontaneamente, in base alla vita naturale del materiale utilizzato».

Le nuove frontiere, però, sono costrette a scontrarsi sempre con le perplessità, innanzitutto sulla tenuta e la sicurezza. «In quanto architetto ti assumi la responsabilità in prima persona sul progetto – assicura Francesco – e i problemi possono subentrare solo se si va oltre il pergolato o la struttura ombreggiante, ma agiamo sempre in massima sicurezza: nelle fiere, ad esempio, viene richiesto che gli stand siano per forza ignifughi o una abitazione, al momento, non potrei comunque costruirla perché la normativa me lo vieta».

All’architetto, però, non mancano le idee per potenziare il mercato. «Si potrebbe puntare a utilizzare questi materiali nell’ambito della riqualificazione dei parchi naturalistici o la cura degli stabilimenti balneari – spiega – e le istituzioni dovrebbero investire su tutto il meccanismo e rilanciare la coltivazione delle canne, come avveniva in passato, perché purtroppo ora i canneti sono solo avanzi di situazioni incontrollate nei pressi di canali e fiumi».

Oltre ad alcune realtà del Nord (dove c’è però più risposta per il bambù), è in Sicilia che stanno fiorendo attività di questo tipo e una cooperativa ha anche acquisito un canneto come bene confiscato alla mafia. In Puglia, questa “visione estrema” si concretizza nel Lan, il Laboratorio architetture naturali. Ma non chiamatelo “studio dell’architetto Poli”.

http://www.ambienteambienti.com/featured/2012/02/news/larchitetto-che-ama-il-bambu-58861.html 

intervista per Conversanoweb



L’associazione "Se un pomeriggio...", domenica 29 Gennaio, ha ospitato, presso la Locanda, l’architetto Francesco Poli, nell’evento "Fatti di canne − dalla natura all’architettura". In una sala affollata l’architetto ha illustrato, attraverso foto e video, le caratteristiche della canna e i vantaggi di una particolare tecnica di costruzione, attraverso l’utilizzo di un altrettanto particolare materiale: la canna "Arundo Donax". Per l’occasione gli abbiamo rivolto qualche domanda.


- In che cosa consiste il suo lavoro?

"Mi occupo dello studio e sperimentazione nella costruzione di architetture capaci di integrarsi armoniosamente con la natura e che dalla natura si approvvigionino dei materiali necessari per la loro realizzazione.
Il mio percorso di avvicinamento a questo mondo è stato progressivo e manca ancora molto per raggiungere alti livelli di professionalità. Dopo aver lavorato per svariati anni in alcuni studi di architettura di provincia  e successivamente nello studio madrileno di Andrés Perea Ortega ho cominciato a nutrire un interesse particolare nei confronti dell’ambiente e degli spazi costruiti.
Ho partecipato a numerosi Workshop di costruzione con materiali naturali quali terracruda, paglia, bambù. Successivamente ho collaborato in Portogallo con l’architetto Jonathan Cory-Wright ed il Grupo Canyaviva apprendendo la tecnica di lavorazione delle canne per la realizzazione di strutture ad archi.
Ritornato in Italia ho proseguito la sperimentazione e la divulgazione di quanto appreso attraverso l’organizzazione di laboratori di costruzione. Con essi ho avuto modo di stimolare altra gente a queste tematiche e insieme abbiamo deciso di istituire l’associazione LAN_Laboratorio Architetture Naturali che opera a livello nazionale.
Il mio lavoro consiste quindi sia nella progettazione di un manufatto architettonico naturale che nella sua realizzazione.
Attraverso i laboratori di costruzione è possibile diffondere le tecniche costruttive, “il
saper fare” e le conoscenze teoriche per affrontare in maniera adeguata tutti i casi
relativi l’autocostruzione e l’utilizzo di materiali naturali".

- Quali sono i vantaggi, soprattutto per l'ambiente?

"I vantaggi per l’ambiente sono molteplici; si pensi al fatto che costruzioni completamente naturali hanno impatto zero sull’ambiente, dal reperimento del materiale alla sua dismissione.
La coltivazione di un materiale da costruzione è il principale fattore di interesse; come il legno, altri materiali possono essere coltivati ed impiegati nelle costruzioni. Il bambù e l’Arundo Donax sono piante a crescita rapida e questo equivale a dire avere piante che si rinnovano annualmente ed inoltre capaci di assorbire molta anidride carbonica durante il loro ciclo di vita.
La terracruda ad esempio ha queste caratteristiche: facilità di reperimento, di lavorazione e applicazione, grande tenuta isolante termica, completa recuperabilità e non tossicità che la mettono ai primi posti nella lista dei materiali ecologici".


- Quali materiali predilige per le sue opere?

"In genere sono propenso all’uso di tutti quei materiali che derivano direttamente dalla natura. Per ogni differente lavoro utilizzo i materiali più appropriati.
Per la realizzazione di strutture di copertura ad archi intrecciati utilizzo la canna comune “Arundo Donax” che può essere utilizzata anche per la realizzazione di pannelli di tamponamento con intreccio di canne e successivamente rivestiti di intonaci di terracruda. La terracruda ben si presta per le lavorazioni plastiche in cui si voglia dare un aspetto anche decorativo.
Il bambù è un altro materiale naturale con cui ho lavorato e con cui vorrei poter continuare a lavorarci. In Puglia risulta alquanto difficile l’utilizzo del bambù vista la mancanza di coltivazioni nelle vicinanze e l’importazione estera risulterebbe non sostenibile sia a livello economico che ambientale. Ad ogni modo dal centro Italia al Nord i casi di coltivazione del bambù stanno aumentando sempre più e questo consentirebbe di utilizzare il materiale anche da noi riducendo le distanze dal luogo di provenienza.
La paglia ormai è di uso comune e ci sono molti esempi in cui essa viene utilizzata come tamponamento accoppiata a strutture portanti in legno".

- Girando l'Italia quali sono state le tappe più importanti e cosa ha realizzato?

"Credo che le tappe più importanti le abbia ottenute qui in Puglia, terra nella quale ho cominciato le mie sperimentazioni e i laboratori. Abbiamo realizzato alcune strutture a Torre a Mare (BA), Taranto, Cisternino (BR), Incoronata FG).
Fuori dalla Puglia c’è l’Abruzzo con il quale ho instaurato uno stupendo rapporto di collaborazione attraverso l’Associazione Italiana Case di terracruda e con la quale portiamo avanti un progetto di valorizzazione dei materiali naturali nell’ambito delle costruzioni. A Fara Filiorum Petri, in provincia di Chieti, stiamo lavorando attorno la festa tradizionale del paese “Le Farchie” dove vengono utilizzate canne e salice per creare enormi torce che durante la festa di S. Antonio Abate vengono accese. Stiamo promuovendo la realizzazione di uno spazio espositivo fatto con le canne e salice.
In Sicilia ho stretto forti legami con un gruppo di persone che si stanno occupando della gestione di un canneto proveniente dai beni confiscati alla mafia. Con loro intendiamo riqualificare l’area e creare attrattiva turistica puntando soprattutto alla realizzazione di spazi di accoglienza ecologici".

- Qual è il significato che si può trovare dietro le sue opere?

"Sino ad ora ho realizzato quelle che possono essere definite opere di “architettura effimera” a volume zero.
Sono strutture che mettono in luce la capacità di ripensare alcuni materiali che abitualmente vediamo impiegati in altra maniera.
Oltre al significato ecologico e artistico che queste opere trasmettono bisogna considerare un altro aspetto importante in questi lavori; i partecipanti alla realizzazione non sono persone addette ai lavori, chiunque può collaborare in questi cantieri che non hanno nulla a che vedere con i tradizionali cantieri edili. L’armonia e il lavoro di squadra consentono di comprendere quali siano i propri limiti individuali e di superarli cooperando".



- Per come la vede lei, che comunque opera nel settore, ci sarà mai un miglioramento nella situazione ambientale?

"Certamente le cose tenderanno a migliorare. Già ad oggi è possibile osservare un fenomeno di maggior attenzione nei confronti degli aspetti ambientali in tutti i settori. In quello dell’architettura si sta dando molta importanza alle tematiche relative il risparmio energetico, l’utilizzo di materiali eco-compatibili e delle fonti rinnovabili".

- Lei cosa consiglierebbe? 

"Io con tutta franchezza consiglierei di smettere di costruire in maniera indiscriminata andando ad occupare sempre più porzioni di territorio naturale. Punterei piuttosto ad interventi rivolti al recupero e la rifunzionalizzazione del vecchio, prenderci cura del costruito.
L’unica architettura sostenibile è quella non costruita".

- Infine, qual è a suo parere la situazione in Italia, sia per quanto riguarda l'ambiente e sia per quanto concerne l'architettura?

"In Italia la situazione relativamente l’ambiente e la sua salvaguardia sta cominciando a muovere i primi passi da qualche anno, sempre dopo che altre nazioni hanno preso provvedimenti a riguardo.
Con l’introduzione della Certificazione Energetica per gli edifici si vuol imporre un modus operandi che vede il contenimento energetico, l’utilizzo di fonti rinnovabili e di materiali ecologici come fattori principali per attivare la classificazione.
Ma questi elementi da soli non possono essere considerati validi ai fini di un discorso più ampio che vuole tendere alla salvaguardia ambientale. Spesso i materiali che si utilizzano provengono da zone molto distanti o subiscono processi di lavorazione energivori che rendono il risultato poco sostenibile.
Un modo intelligente per isolare un’abitazione esiste: usare prodotti vegetali, provenienti dall’agricoltura, disponibili localmente, rinnovabili. Quella che viene definita la filiera corta: materie prime locali, a km zero, trasformate in loco per alimentare un mercato locale.
In Italia inoltre abbiamo il limite delle normative che vincolano molto l’utilizzo strutturale di materiali alternativi rispetto a quelli tradizionali".